sabato 23 aprile 2016

Rudi Voller: il tedesco che volava più in alto di tutti

Di Fabio Caravello

“Vola, sotto la curva vola, la curva s’innamora, tedesco vola!”… L’eco del suo coro rimbomba ancora nella testa di Rudi e nel cuore di quei romanisti all’epoca poco più che ragazzi.
Gli anni passano, le emozioni si fondono nell’anima creando legami inestricabili, proprio come quello di Rudi con la Roma: cinque anni intensi, bellissimi, incancellabili.

Il protagonista si chiama Rudolf, detto Rudi, e già molti avranno capito di chi si tratta; basta poi aggiungere che è tedesco, biondo, col baffo anni 80’ e nessuno avrà più titubanze: Rudi Voller.
Nel 1960 quando la Germania è ancora divisa tra est ed ovest, ad Hanau piccolo comune della Germania Ovest nasce Rudolf, detto Rudi: semplicemente  Voller.

Un giovane Voller a inizio carriera con i Kickers Offenbach
Ha solo sedici anni quando i Kickers Offenbach (club che allora milita nella serie b tedesca) decidono di ingaggiarlo, il biondino ha talento e così a soli venti anni un altro trasferimento incombe, stavolta è il Monaco 1860 ad assicurarsi le sue prestazioni consentendogli di siglare le prime nove reti in Bundesliga che non eviteranno però la retrocessione in seconda divisione. Ancora un anno al Monaco 1860, giusto il tempo di laurearsi capocannoniere della serie b tedesca con 37 reti nella stagione 1981-82 per poi approdare stabilmente in Bundesliga, stavolta con la casacca del Werder Brema. E’ proprio con i biancoverdi che il ricciolino si consacra bomber di razza, i suoi numeri impressionano dapprima la Germania, poi il mondo intero: in cinque stagioni segna 97 reti in 137 partite, una media incredibile che si avvicina quasi al gol a partita e gli consente di aggiudicarsi un titolo di capocannoniere nella stagione 1982-83.
Rudi Voller capocannoniere della stagione 82-83 con il Werder Brema
Nel 1987, nel pieno della sua maturità calcistica, Rudi Voller compie il passo più importante sia dal punto di vista professionale che umano, lasciando la patria amica per quella che in quegli anni è la patria del calcio per antonomasia: l’Italia. L’allora presidente della Roma, Dino Viola, su consiglio di Sven Goran Eriksson, decide di acquistarlo per 5,5 miliardi delle vecchie lire, anche se all’inizio non tutto va per il verso giusto.
Il primo anno di Voller non rispecchia le aspettative dei tifosi, complici anche una serie di infortuni, raccoglie a fine stagione il magro bottino di 21 presenze e 3 sole reti. 
In un ambiente impanziente come quello romano le voci che lo associano ad una bufala di mercato sono sempre più insistenti, tanto che lui vorrebbe tornarsene in Germania ma il presidente Dino Viola lo convince a restare nella capitale per dimostrare il suo vero valore.

Rudi Voller e il presidente Dino Viola nel giorno della presentazione
La seconda stagione inizialmente sembra ripartire con le stesse incertezze fino al 31 Dicembre 1988, giorno in cui si gioca Roma-Napoli e in cui Voller a tre minuti dalla fine, sblocca la partita realizzando il gol decisivo dell’1-0 finale: da lì in poi non si fermerà più. Con la Roma vincerà una Coppa Italia nella stagione 1990-91, segnando 45 reti in 142 partite, inutile dirlo la più importante è quella del 18 Marzo 1990 quando nel derby di ritorno contro la Lazio al Flaminio, mette a segno il gol vittoria corroborando in maniera definitiva il suo posto nel cuore dei tifosi giallorossi. E’ un Rudi internazionale ormai e nell’estate del 1990, conquista il trofeo più importante della sua carriera laureandosi campione del mondo ai mondiali di Italia 90 con la sua nazionale, la Germania Ovest, battendo in finale l’Argentina di Maradona: è l’8 Luglio del 1990 e la partita si gioca proprio nel suo stadio, l’Olimpico di Roma.

Rudi Voller e la Coppa del mondo vinta nel 1990
Tre anni dopo Voller, in un’Olympique Marsiglia di marziani, alzerà al cielo anche una Coppa dei Campioni, contro un Milan di altrettanti marziani, eppure il tempo sembra essersi fermato a Roma, con un’altra maglia quei ricci e quei baffi biondi non fanno lo stesso effetto. Terminerà la carriera al Bayer Leverkusen per poi intraprendere quella di allenatore, rischiando nel 2002 di ripetersi quando alla guida della nazionale tedesca raggiunge la finale mondiale, deve però inchinarsi al Brasile o meglio, al fenomeno Ronaldo che liquida la pratica con una doppietta.
Nel 2004 un fugace remake a Roma, dove resiste solo quattro partite alla guida dei giallorossi prima di dare le dimissioni, non è più la sua Roma, i riccioli e i baffi sono diventati bianchi, ma quel coro: “vola tedesco vola…” lo porta ancora nel cuore perché come dirà qualche anno dopo: “una volta che giochi nella Roma, fai per sempre il tifo per la Roma”.




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